I soci di un’Associazione di assaggiatori professionisti di olio di oliva non possono non conoscere, sia pur sommariamente, la realtà olivicola della regione di provenienza. I nostri iscritti sono prevalentemente campani anche se si comincia a incontrare interesse, per le nostre attività, di altri valenti assaggiatori professionisti, provenienti da altre regioni, che partecipano ai nostri incontri di aggiornamento mettendo a nostra disposizione le loro competenze, frutto di esperienze maturate dal confronto con altre realtà olivicole nazionali ed internazionali. Per questo li ringraziamo, consapevoli come siamo, che il loro sapere ci stimola al confronto, motore di crescita collettiva professionale degli associati. Or dunque, se il confronto tra diverse esperienze eleva il livello di conoscenza del patrimonio di sentori che caratterizzano le centinaia di oli italiani è quanto mai necessario fornire agli associati una informativa sull’olivicoltura Campana. La qualità dell’assaggiatore risiede non solo nelle sue capacità di saper riconoscere pregi e difetti dell’olio ma, anche, conoscere la storia della sua provenienza. Questo cercheremo di fare con le note che pubblicheremo periodicamente, ciascuna riferita a specifici territori regionali.Essi si caratterizzano, storicamente, per la coltivazione di autoctone varietà di olivo, dei sistemi di coltivazione in uso, dell’evoluzione che l’olivicoltura ha subito col progredire del tempo, dei descrittori organolettici che caratterizzano quegli oli, frutto della/e varietà, delle tecniche colturali del territorio nella accezione più ampia del termine: clima, orografia, pedologia, altimetria. L’ambiente di coltivazione è il marcatore prevalente delle caratteristiche chimiche ed organolettiche degli oli. Oli prodotti, con tecniche confrontabili, della stessa varietà, coltivata in areali molto distanti tra loro, danno oli simili ma quasi mai comparabili tra loro. Naturalmente, la qualità dell’olio non è solo frutto del territorio che ospita le varietà coltivate ma di tutto il processo di filiera che caratterizza le varie realtà olivicole campane.
Cercheremo di descrivere le varie olivicolture provinciali. Varie, perché talora diverse sono le olivicolture che caratterizzano le diverse realtà provinciali della regione Campania. Un territorio composito fatto di valli, colline, aree costiere, aree interne, di terreni fertili ma anche difficili, fatto di tanto scheletro e poca terra, poco meccanizzabile per tipologia e pendenze. La Campania possiede al suo interno un’olivicoltura da reddito presente in realtà che si prestano alla coltivazione dell’olivo per condizioni fisiche e per situazioni socio-economiche favorevoli, da un’olivicoltura difficile che svolge un ruolo di difesa idrogeologica e di caratterizzazione del territorio che in passato ha svolto un ruolo non secondario al sostentamento e al mantenimento delle popolazioni locali. Questa olivicoltura trascurata o pressoché abbandonata può tornare a svolgere un ruolo economico all’interno di un settore largamente inflazionato da prodotti di massa, di scarsa qualità e dubbia provenienza solo se si intraprendono politiche di valorizzazione del prodotto olio fortemente identitarie, legate ai luoghi di produzione e alla loro storia millenaria. In ultimo, ma non certo per importanza, v’è una olivicoltura eroica, ricca di storia e di tradizioni che si è sviluppata in ambienti estremi, dove generazioni di contadini si sono sforzati di estrarre olio dalle pietre o dalle ripe. Questa olivicoltura, che per incuria umana, vuole violentata da incendi e abbandono, merita di essere salvaguardata per la bellezza che apporta al paesaggio regionale, per il notevole patrimonio genetico cui è depositario e per la difesa di un territorio fragile, vittima di continue erosioni e impoverimento dei suoi elementi vitali, essenziali. Non è cosa che compete al privato fare questo. Se mai, il privato, deve mettere a disposizione del pubblico questi terreni su cui redigere un vero e proprio piano di assestamento e difesa degli ambienti olivetati. Si potrebbe obiettare che interventi simili non sono economicamente convenienti. Se la convenienza è misurata con la quantità di bottiglie di olio producibili è senz’altro vero. Ma se è misurata con i parametri della economia verde e sociale allora il bilancio potrebbe chiudersi in pareggio con buona pace dei sacerdoti di quella economia che ha prodotto abbandono e devastazione del territorio.
In sintesi alcuni dati:
La Campania è la quarta regione produttrice di olio in Italia, la sesta in termini di superficie investita.
La provincia di Salerno è prima per superficie investita ed olio prodotto. Seguono nell’ordine, per superficie investita e produzione olivicola, Benevento, Avellino, Caserta e Napoli.
La coltivazione dell’olivo interessa 10.000 aziende e l’80% dei comuni campani. Sono relativamente poche le aziende che producono per il mercato. Alta e prevalente è la produzione per autoconsumo familiare. Le aziende olivicole strutturate, che producono olio per il mercato, sono relativamente poche, ma si eleva sempre di più lo standard di qualità dei loro prodotti tali da collocarli tra i migliori oli nazionali ed internazionali. Le olive prodotte, mediamente, annualmente, sono 200.000 t, l’olio prodotto è pari a 35 – 40.000 t. Il 6% di tutto l’olio prodotto in Italia. La prov. di Salerno produce il 67% dell’olio prodotto in Campania.
Oltre 60 sono le varietà catalogate nella nostra regione che hanno concorso al riconoscimento di ben 5 DOP e una IGP regionale in corso di prossima approvazione con apposizione del visto UE.
Questa è solo la premessa. Entreremo nel dettaglio della descrizione delle varie tipologie olivicole regionali con le prossime puntate.
Alma
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